Cominciamo in versione “Pierot” e finiamo con un mood da “guerriere Maori”: potere terapeutico di un pranzo tra amiche, durante il quale è un reciproco ascoltarci e incoraggiarci. E la fame è direttamente proporzionale: partiamo con appetito mignon e terminiamo con uno sbrano da “Vite al limite”. Sul vino non ci sbagliamo mai: Laura (Cake) è capace di incenerire con lo sguardo un cameriere che si azzardi a proporci un rosso frizzante, e io a rispedire indietro una Barbera ghiacciata (è già capitato). Questa volta invece è perfetto: un Ruchè di Castagnole Monferrato della cantina Crivelli (Ecco qui l’azienda), 13,5°, buono perché non troppo “aggressivo” rispetto ai soliti Ruchè, ma piuttosto morbido, compagno giusto per la nostra bresaola con pinoli, pomodorini e rucola. La parola che ripetiamo più spesso è “bene”, in tutte le sue declinazioni, da “benessere” a “star bene”. Così, decidiamo che dev’essere un obiettivo, da abbinare alle relative spallucce verso chi prova a impedircelo, categoria che va dai noiosi agli invidiosi, dai cattivi agli stupidi.
Partecipanti, 2: io e l’amica Laura (Cake)
Un brindisi per “il nostro star bene”, roba che include, ad esempio, una chiacchierata come questa, delicata, divertente, sincera, e capace di trasformarci da Pierot in amiche Maori.