Diciamolo subito: mai avevo assaggiato uno Spritz già pronto, in bottiglietta (8°). E mai più lo assaggerò. Questa è la settimana dei clamorosi abbagli, dopo una cena al ristorante messicano digerita in tre giorni e tre notti, arriva uno Spritz confezionato che “non si può”. Lo aggiungo nei “mai più senza”, quegli oggetti e quelle esperienze che sono un misto tra il trash e il palesemente assurdo. In mansarda sono fiera di avere il re dei “mai più senza”, un raccogli-briciole a forma di maiale che, non avendo un balcone dove sbattere la tovaglia, mi dà un sacco di soddisfazioni, per la modica cifra di 3,50. Comunque anche loro hanno la loro dignità ed alzi la mano chi in casa non ne ha almeno uno, uno spazzolone del gabinetto a forma di rana, un accendino bomba a mano, un Budda di plastica, una Regina Elisabetta che fa “ciaone”, una palla di vetro che se la rovesci cade la neve. E’ l’elogio dell’inutilità, la leggerezza che ti strappa un sorriso. Ma torniamo al nostro Spritz, quello originale, il “veneziano”, che dal 2011 fa parte anche dell’International Bartenders Association si dice sia nato all’epoca dell’impero austriaco. Pare che i soldati di stanza nella Repubblica Serenissima fossero soliti allungare i troppo forti vini veneti con seltz o acqua frizzante. Ne uscì un cocktail che in tedesco fu battezzato “spritzen”, ovvero “spruzzare”. Comunque, austriaci cari, per giunta soldati: solo voi potevate allungare il vino con l’acqua. Buuuuu.
Partecipanti, 1: io.
Un brindisi per “i mai più senza”. Nel mio caso mai più senza… prosecco, bitter e acqua frizzante, che lo Spritz è meglio prepararselo da soli.
Sono fan del tuo maiale, lo sai 🙂
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