Brindisi n. 184/ Il bianco Tamjanika per Belgrado e i Paesi in rinascita

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Il fascino di chi si rialza è denso, profondo, non comune. E’ una bellezza difettosa, è lo strabismo di Venere, la ruga che rende interessante un viso altrimenti anonimo. Così è Belgrado oggi, nel pieno della sua “renaissance” (Qui il reportage nato dal viaggio e pubblicato da La Stampa) orgoglio dei Balcani ed energia contagiosa, piena di cicatrici, ma imbellettata e festosa. Sempre in bilico tra passato e presente. Con Generalštab, la sede del ministero della Difesa e quartier generale dell’esercito serbo sventrato dalle bombe della Nato durante la guerra 17 anni fa, ancora così, semidistrutto e intonso, a pochi metri dalla zona pedonale di Ulica Kneza Mihaila, dove brillano, incuranti, le vetrine che strizzano l’occhio alle più commerciali città europee. Ho scoperto Belgrado, ma prima ancora i suoi vini e i wine makers che, archiviata la guerra, hanno cominciato a investire nell’enologia, come ha fatto Dragan Vasic della Janko Winery, nata nel 2006 e diventata una delle più importanti aziende vinicole di Smederevo. Produce il Prokupac, dai vigneti più antichi, uno dei rossi recuperati e alla conquista ora di un mercato internazionale: assieme al bianco, e autoctono, Tamjanika, è tra i vini con maggiore potenziale e identità. E il mio preferito. 

Partecipanti, 5: tutti giornalisti del wine press tour, Mariangela Petruzzelli, Paul Balke, Aitalina Maksimenko e Darrel Joseph.

Un brindisi per.. chi rinasce, città comprese. Per il “rinascimento” da preferire alla “ricostruzione”.

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